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THE ULTIMATE CRAZY DRIVERS

L’uomo venuto dal freddo – Gilles Villeneuve

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L’uomo venuto dal freddo, già, proprio lui. Quel piccolo pilota nato in quella striscia di terra in cui in inverno si arriva a -40 come niente. Un uomo freddo solo nella carta d’identità per fortuna ma che in realtà, come pochi, è riuscito a entrare nei nostri cuori. Scaldandoli come solo un Eroe sa fare.

Se è vero che la vita di un essere umano è come un film, io ho avuto il privilegio di essere la comparsa, lo sceneggiatore, l’attore protagonista e il regista del mio modo di vivere.
Gilles Villeneuve

Personalmente non tifo un Pilota in particolare. Non riesco ad affezionarmi a loro. Certo, ho le mie preferenze ma niente di che. Tifo per lo spettacolo, tifo per chi è in grado di emozionarmi, che sia Kobayashi, che sia Longhi o Jeff Gordon poco importa. Ma ci sono 2 Piloti che ho amato, che amo e che amerò per sempre. 2 Piloti con 2 carriere diverse, accomunate da un colore e da un severo uomo, non più giovane, che indossava sempre dei grandi occhiali scuri. Un Uomo a cui la vita non ha fatto davvero sconti. Inutile dire che quel colore è il Rosso e quell’uomo è il grande Enzo Ferrari. A pensarci bene sono accomunati anche dalla loro prematura scomparsa. Morti facendo la cosa che più amavano, uccisi dalla loro generosità.  I 2 Piloti, per me Eroi, sono Gilles Villeneuve e Michele Alboreto. Voglio concentrarmi, come il titolo stesso suggerisce, al canadese del Quebec. Sono certo che il buon Michele non se la prenderà. Del resto anche lui avrà il suo spazio in questo blog.

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Ho deciso di parlarvi di Gilles perché anche oggi è riuscito a emozionarmi, come sempre. Sono andato per l’ennesima volta al Museo dell’Automobile di Torino e com’è giusto che sia, nell’ala del museo dedicata al Motorsport c’è una piccola porzione riservata al grande Pilota. Con la sua Ferrari numero 27, il casco rosso e nero e la tutina bianca. E’ riuscito di nuovo a strapparmi una lacrimuccia, a farmi venire la pelle d’oca. Perché con quella macchina sotto il naso, con quelle gomme che erano stagionate anche da nuove  e con quei freni, che dai chi è il pazzo che crede davvero che potessero funzionare, la mente corre alle sue gesta. Corre veloce ripensando a tutti i video che lo ritraggono a Zandvoort su 3 ruote. E come non ricordare IL DUELLO. La lotta serrata con il coltello tra i denti a Diogione con Renè Arnoux per il secondo posto. E l’eterna lotta a Jarama nel ’81 per tenersi dietro i piloti dei top team con le loro auto molto più performanti della sua mal riuscita Ferrari. Gilles, con il suo talento e sua Ferrari che di rampante aveva solo il cavallino nello stemma contro  4 piloti. Come dimenticare, già…come dimenticare?

E’ impossibile. Si dice che un uomo non muore davvero finchè ci saranno persone che continueranno a ricordare le sue gesta. Gilles è indubbio che rimarrà immortale. Quante volte ha sfidato la fisica lanciandosi nelle più spericolate azioni? Quante le incomprensioni con altri piloti? Quante volte di traverso in uscita da una curva pur di farla a cannone? Quante volte lo abbiamo visto letteralmente volare con la numero 27? Quante volte lo abbiamo visto scendere dai rottami della sua macchina, darsi una ripulita e salutare il suo pubblico? Ma Gilles non era un pazzo. Non era un incosciente che giocava col fato. Era solo un piccolo uomo venuto dal freddo con un cuore immenso.  Così grande che tutti gli volevano bene. Anche quel severo omone che si nascondeva negli occhiali neri lo adorava. Perché come Nuvolari, un altro Pilota a lui caro, riusciva a far cose con le sue macchine che nessun’altro  pilota era in grado di fare. Gilles con la sua generosità e con i suoi modi garbati riuscì a farsi perdonare di tutto dal grande Drake. Ha distrutto più Ferrari lui in quasi 6 stagioni che tutta la produzione di serie con i crash test.

Se mi vogliono sono così, di certo non posso cambiare: perché io, di sentire dei cavalli che mi spingono la schiena, ne ho bisogno come dell’aria che respiro.
Gilles Villeneuve

Eppure Enzo era felice.  Un giro completo su 3 ruote per rientrare ai box con il risultato di distruggere mezzo retrotreno? E che importa. Gilles era così, irruento e generoso. Capace e affamato di vittoria. Solo un vincente come il Commendator Ferrari poteva capirlo. E solo Gilles avrebbe potuto sacrificarsi e aiutare Jody Scheckter a vincere il Titolo Piloti nel 1979. I patti erano chiari, quest’anno lo vinci tu, il prossimo lo vinco io. Altro che Shummy con Irvine prima e Barrichello poi, verrebbe da pensare. Gilles era un talento puro ma per il bene della squadra ha saputo fare il gregario. Anche se le carte per vincere le aveva. Quest’anno vinci tu, il prossimo vinco io, continuava a ripetersi. Peccato che a Maranello nella stagione successiva non furono in grado di costruire una macchina vincente. La stagione 1980 doveva portare la sigla G.V. e invece gli annuari ci dicono che fu Alan Jones a trionfare. Gli stessi che nella casellina del Campionato dell’81 riportano Nélson Piquet con la coroncina d’alloro. E Gilles?Gilles aveva fiducia, sapeva che la Ferrari lavorava sodo. Sapeva che Ferrari era un uomo di parola. Gli promise una macchina vincente! Gli promise che dopo Scheckter sarebbe toccato a lui.

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E infatti nel 1982 la Ferrari presentò la competitiva 126 C2. Finalmente la macchina era quella buona e poi Gilles non era solo. Ad accompagnarlo nella sua trionfale vittoria, alla definitiva consacrazione, c’era più un amico che un collega, Didier Pironi. Cosa chiedere di più? Ottima l’auto, ottimo il compagno di squadra, sembrava cosa fatta. E invece per Gilles il sogno finì. Finì esattamente il 25 Aprile nel corso del GP di San Marino. Durante la gara Gilles e Didier erano rispettivamente in prima e seconda posizione perchè le più veloci Renault di Patrese e Arnoux si erano ritirate e avevano spianato la strada alla doppietta in rosso. Visto l’enorme vantaggio sugli inseguitori e per evitare problemi, dai box venne dato l’ordine di rallentare. SLOW scritto in caratteri cubitali gialli, nelle nere lavagnette di entrambi i piloti. Il significato era chiaro, ragazzi fine dei giochi rallentate e tenete le posizioni congelate. La Ferrari puntava su Gilles per vincere il Mondiale. Per contro Pironi superò un Villeneuve che letto l’ordine, alzò il piede. Gilles sapeva che i patti non erano questi. Sapeva che lui era avanti. Sapeva che il 27 della sua auto veniva prima del 28 di Pironi. Sapeva…sapeva. Ma il suo compagno di squadra evidentemente non la pensava così. Ne scaturrì una vera e propria lotta fratricida con le due rosse che si diedero battaglia a ogni staccata. Purtroppo il GP lo vinse il pilota sbagliato. Pironi primo e Villeneuve secondo. La cerimonia del podio ci ha mostrato un Gilles diverso. Era triste, sconsolato. Negli occhi non c’era più la purezza di un grande uomo dal cuore nobile. Gilles era un uomo ferito. Non aveva voglia di festeggiare, per la prima volta non aveva voglia di condividere il trofeo vinto con i suoi fans. Lui! Lui che nella pista di prova a Fiorano si divertiva a mettere di traverso la macchina solo per ringraziare gli appassionati che, dalla recinzione, facevano il tifo per la Rossa 27. Quel giorno voleva rimanere da solo. Prese la coppa, quella insignificante coppa, salutò con un cenno il suo pubblico e se ne andò.  Qualcosa si era rotto. Ma non solo nell’equilibrio del team, dentro di lui le sue certezze e chissà forse il suo mondo, sono crollate.

Arriviamo così al circuito di Zolder, in Belgio. 15 giorni dopo il fattaccio di Imola. Gli animi sono tesi e l’unica cosa che Gilles vuol fare è cancellare tutto. Sbattere il suo compagno dietro e riprendersi quello che era suo. Sabato 8 maggio 1982. Un normale sabato di prove ufficiali per stilare la griglia di partenza. Un normale sabato come ce ne sono stati tanti e come tanti altri ce ne saranno. Ma a pochi minuti dal termine Gilles non era ancora riuscito a piazzarsi davanti al suo compagno. Un giro veloce ma non abbastanza. Un altro giro ma ancora niente da fare. Le lancette dell’orologio senza dargli tregua continuavano a correre rapide, le prove stavano per finire e non c’era tempo per sostituire le gomme, ormai usurate. Figuriamoci poi modificare il set up della macchina. Bisognava fare in fretta, Didier non lo avrebbe umiliato di nuovo. Un altro tentativo per strappargli la pole. Doveva farcela ad ogni costo. E così, come non mai diede tutto quello che poteva dare. Ogni curva, ogni staccata erano al limite. Meglio di così non era proprio possibile fare. O forse sì, con meno rabbia in corpo e più lucidità in testa. Ma era un uomo generoso Gilles.

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Uscito a cannone da una curva è successo quello che non doveva succedere. La rossa numero 27 per colpa di una incomprensione piomba sulla March guidata da Jochen Mass. Una curva fatta a cannone come tante altre volte. Un’incomprensione con un pilota, come ne ha avute tante in carriera. Il volo, come ne ha fatti tanti il nostro Gilles. Ma questa volta non si è rialzato. Non è sceso dalla monoposto. Non si è aggiustato la tuta e non ha salutato il suo pubblico. E’ rimasto lì. A terra. Fermo.

Quel sabato il mondo del Motorsport cambiò per sempre. Ma non solo. Gilles Villeneuve, era un uomo dall’animo cristallino. Era stato in grado di conquistare anche chi non seguiva la F1, ma guardando ai tg le sue gesta se ne era innamorato. Chiunque impazziva per quel piccolo uomo venuto dal freddo. E ancora oggi è così. Nei cuori degli appassionati continua a vivere. Nulla è cambiato, niente ci separà dalle sue gesta. E’ impossibile oscurare la sua memoria. Gilles non è morto, sta solo affrontando un nuovo Gran Premio, in compagnia dei più grandi della Storia Automobilistica. Adesso sarà di traverso mentre lotta per tenersi dietro Nuvolari o sotto la pioggia, ingaggiando un duello con Senna.

Non avrà vinto il tanto ambito Titolo Piloti, ma certamente nessuno gliene farà difetto.

 

Pretendo di essere sempre il migliore, in tutto. È nel mio carattere. Non m’interessa una posizione da comprimario.
Gilles Villeneuve

 

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Con la sua capacità distruttiva che macinava semiassi, cambi, frizioni, freni ci insegnava anche cosa fare perché un pilota potesse difendersi in un momento di necessità. È stato un campione di combattività, ha aggiunto notorietà a quella che la Ferrari già aveva, gli volevo bene.

Enzo Ferrari

 

Lui voleva correre. Correva sempre. Gli dava piacere fisico farlo. Ovunque, comunque… Lo ricordo dopo le qualifiche di Anderstorp ’78. Eravamo in macchina io e lui. Per arrivare all’albergo dovevamo attraversare un bosco di betulle e lui inscenò una sorta di prova speciale di un rally: sempre in controsterzo a 180 km/h; io avevo una fifa boia mentre lui sorrideva.

Mauro Forghieri

 

 

Grazie Gilles!

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